Per il Popolo della famiglia il Protocollo d’intesa è ricco di contenuti ma nella sostanza non esattamente vantaggioso: si è proceduto in parti con le bonifiche e la riconversione GREEN che non ha saturato le aspettative occupazionali in cui ancora ad oggi decine e decine di lavoratori sono stati esclusi dal processo di deindustrializzazione con la scadenza degli ammortizzatori sociali e ove il tessuto imprenditoriale non è riuscito a trovare il giusto equilibrio tra occupazione e un equa concertazione sociale.
Il paradosso è che a causa di una riqualificazione che ancora non è avvenuta ci si trova con padri di famiglia esodati e dall’altro lato, personale pensionato e che ha anche usufruito dei benefici previdenziali sulla legge dell’amianto in piena attività produttiva e altri ancora, giovani operai assunti fuori dalla lista di disponibilità, assunti non per capacità professionali ma bensì per la logica del clientelismo, cultura oramai nota del territorio. “Ad oggi scarsa oculatezza da parte sindacale e politica su questi temi che a cascata crea uno stato di abbandono su quei lavoratori che da oltre vent’anni operavano sul sito industriale – si legge in una nota  a firma del coordinatore nazionale, Nicola Di Matteo – una mancetta politica sull’accordo di programma in una delle due aree di crisi complessa in Sicilia ove ancora il territorio raccoglie briciole nonostante il danno subìto a causa di una deindustrializzazione forzata. Dobbiamo proprio dirlo e denunciarlo apertamente che a differenza degli accordi di programma dei siti industriali di Termini Imerese e Livorno, dove il peso e la pressione politica ha dato risultati efficienti, la nostra politica locale compreso i gelesi deputati regionali, fanno solo politica di facciata riflessa a decantare solo la loro immagine e cerchia politica, dimenticando la grave crisi occupazionale del territorio di Gela, che poi ricordiamo bene sono gli stessi attori passivi della chiusura della Raffineria di Gela per non aver alzato un dito contro l’ENI e il governo centrale di Roma, politici che continuano a usurpare il diritto del cittadino alzando le mura contro ogni attività o servizio a favore della società, utilizzando il consiglio comunale per strumentalizzare la politica favorendo il proprio portafoglio con gettoni di presenza o commissioni, la cultura di questa politica locale deve assolutamente cambiare, bisogna riflettere solo i bisogni dei cittadini pensando al bene comune. Oggi ci chiediamo se nonostante sia stato portato a  casa un protocollo di intesa con tanti interrogativi, se si riesce almeno a concludere l’accordo di programma con il male minore, spronando gli enti interessati a coprire le proposte di insediamento che arriverebbero a superare il miliardo di euro, così come dichiarato dal vicesindaco Siciliano, è ora di dare una svolta al territorio,chiedendo un controllo superiore alla politica e al sindacato per attenzionare il caso industriale, perché se presto non si arriva a una svolta, saremo al collasso e il castello di carta cadrà portando forti ripercussioni al territorio”.


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